Nuova diga, vecchia politica

Sono iniziati ieri in pompa magna i lavori per la nuova diga di Genova. Ma mentre i palazzi festeggiano e le prime pietre sprofondano nel nostro mare per scacciarlo un po’ più in là, riaffiora e continua a galleggiare la vecchia politica di sempre, dove a prevalere sono le logiche del profitto e dello sfruttamento delle risorse. Ovviamente a vantaggio di pochi.

Ma in tutto ciò esistono delle voci fuori dal coro che ci dovrebbero mettere in allarme. E’ il caso di Piero Silva, docente universitario di Pianificazione portuale che, nominato direttore tecnico assegnatogli da Rina Consulting per la certificazione del progetto della nuova opera, si è dimesso. Cosa più unica che rara nel nostro presente italico.

E poche ore prima della finta posa della prima pietra Silva, ha lanciato un estremo avvertimento, tecnico, che pubblichiamo integralmente. Senza aggiungere altro. C’è già tutto.

A QUESTO LINK IL PDF CON IMMAGINI E DIDASCALIE COMPLETE

Lettera aperta

Il 4 maggio 2023, data della posa della prima pietra del progetto della nuova diga di Genova, sarà purtroppo per molti nella nostra città l’inizio di un incubo.

Per gli abitanti dei lungomari impattati dai cantieri anzitutto, per le autorità che hanno promesso una fine dei lavori (impossibile) nel 2026, per le imprese che si troveranno spinte a rispettare tali tempi e obbligate a realizzare un’operazione marittima impossibile a controllare – il consolidamento geotecnico con colonne di ghiaia ad alte profondità.

Non essendo riuscito a convincere a modificare il progetto – pur avendo proposto un’alternativa tecnicamente sicura, a costi e tempi dimezzati e con tutti i vantaggi della soluzione dell’Autorità Portuale (“AP” nel seguito) – desidero con questa lettera aperta mettere la mia lunga esperienza a disposizione dei cittadini affinché almeno siano coscienti di cosa le aspetta. Per decenni, e non certo solo fino al 2026.

Magra consolazione, certo. Ma ho ancora una piccola speranza di un sussulto civico in extremis…

1. PROGETTO SOVRADIMENSIONATO

L’obiettivo dichiarato è quello di portare le grandi navi contenitori (24.000 TEU1, lunghe 400m, larghe 60m e profonde a pieno carico 16m) alla Calata Bettolo di MSC: 700m, in futuro prolungati fino a 1.400m2 a seguito del riempimento (contro il parere della Sovraintendenza) delle calate Giaccone e Concenter.

Con le attuali dimensioni del diametro del bacino di evoluzione (550m) e della larghezza della darsena antistante (200m) possono accostare a Calata Bettolo solo navi fino a 5.000 TEU. Più ad ovest sarà impossibile anche in futuro prolungare la banchina ad uso delle grandi navi, perché queste richiedono gru a portico con sbraccio di oltre 70 metri e altezza di oltre 90 metri: esse impatterebbero con il cono aereo – secondo lo stesso Progetto Preliminare – subito aldilà del Ponte Etiopia (

Terminali contenitori Genova SPDA

Steinweg – GMT

Prodotti

metallici Multipurpose

Spinelli Terminale rinfuse Carbone, rinfuse solide, cemento

IMT Messina

1300m di banchina a -13m
4 gru a portico, 2 rampe ro-ro 93% contenitori, 6% ro-ro Nave max = 4.000 TEU, 250m Piazzale = 32ha, reach-stackers

ATI Messina Terminal san Giorgio

1600m di banchina a -11/12m
4 gru mobili, 2 rampe ro-ro Contenitori, ro-ro + prodotti metallici Nave max = 2.000 TEU, 200m Piazzale = 21 ettari, reach-stackers

GPT Spinelli

PSA SECH Calata Sanità

526m di banchina a -15m
5 gru a portico
Nave max =14.000 TEU, 370m Piazzale = 16 ettari, RTG

MSCGenoa Mediterranean Gateway
700m di banchina a -17m
4 gru mobili
Nave max = 14.000 TEU, 370m Piazzale = 21 ettari, reach-stackers

1200m di banchina a -13m 10 gru mobili, 3 rampe ro-ro Nave max = 5.000 TEU, 290m Piazzale = 15 ettari

MESSINA – Intermodal Marine Terminal ATI Messina – Terminal san Giorgio

SPINELLI – Genoa Port Terminal PSA – SECH – Calata Sanità

PSA – Genova PRA

L’aumento delle dimensioni delle navi contenitori a Calata Sanità sarà un vantaggio per MSC di poco rilievo (stimato dall’ Analisi Costi-Benefici ufficiale a soli 300.000 TEU, circa il 10% del traffico dei porti de Genova/Prà/Vado/Savona) ma pagato in modo assai salato, come si vedrà nel seguito.

Si noti tra l’altro che, in ragione del crollo dei prezzi del trasporto oceanico dei contenitori degli ultimi due anni (il prezzo del trasporto di un contenitore dall’estremo oriente all’Europa è sceso da 10.000 a meno di 2.000 dollari), le grandi navi da 24.000 TEU, costosissime in operazione, sono sempre più limitate all’attività di transhipment lungo la rotta principale del basso mediterraneo Suez – Gibilterra, lasciando il servizio dei porti dell’alto Tirreno a navi con capacità massima di 16.000 TEU, che già arrivano sia a Prà sia a Calata Sanità.

Lo stesso obiettivo comunque avrebbe potuto essere ottenuto con un progetto avente meno di un quarto dei costi e tempi di esecuzione, e soprattutto senza i rischi geotecnici del progetto dell’AP.

Le dimensioni mastodontiche del progetto, in termini di lunghezza e profondità media dell’opera, si possono vedere dalla figura 2, in cui la diga di Genova è messa a confronto con dighe tra le più importanti realizzate negli ultimi vent’anni nell’ambito Europa – Mediterraneo (sono progetti a cui ho partecipato in prima persona).

La diga che l’Autorità Portuale vorrebbe costruire è rappresentata dalla barra rossa: lo stesso obiettivo sarebbe raggiunto con l’alternativa rappresentata dalla barra verde, che, come si vede, é più realisticamente all’interno delle dimensioni delle altre opere già costruite.

Figure 3. Estensione verso il largo alternativa della diga di Genova.

Poco ambiziosa? Niente affatto, semplicemente adeguata agli obiettivi e al contesto: offre tutti i vantaggi nautici dell’originale fino al ponte Etiopia (limite massimo ad ovest delle grandi navi) ed è inoltre utile, contrariamente all’originale, anche alle navi del bacino storico.

2. LAYOUT INADEGUATO

Il layout (= configurazione planimetrica dell’opera) della diga voluta dall’AP, oltre al problema di portare la diga su profondità proibitive, ha grossi problemi dal punto di vista della sicurezza della navigazione. La rotta d’ingresso e uscita delle navi non è parallela alla diga: questo difetto – del tutto inusuale – potrebbe facilitare in condizioni avverse impatti tra navi e diga stessa.

Inoltre, il cerchio di evoluzione è situato davanti a Calata Bettolo, il che rende impossibile – contrariamente a quanto asserisce il Progetto Preliminare dell’AP – l’accesso delle grandi navi al bacino storico. Dove accostano navi porta-contenitori di 370 m (Calata Sanità) e navi crociera di 340 m, il che non è poco.

Ho sentito dire che la vera ragione di questo layout sarebbe l’ambizione di riempire nel futuro il canale attuale per sviluppare la cantieristica, e utilizzare solo il nuovo canale.

Se questo fosse vero, bisognerebbe dire addio al terminale contenitori di Calata Sanità e soprattutto al traffico crociera, che è l’unico a Genova ad avere uno sviluppo importante.

3. COSTI E TEMPI SPROPOSITATI

Quanto costa quest’opera? Quanto durerà il cantiere?

L’Autorità portuale afferma che essa potrà essere realizzata con poco più di un miliardo, ed entro la fine del 2026.

In realtà entrambi questi valori – soprattutto il secondo – sono assolutamente sottodimensionati, sulla base di un’estrapolazione attenta di costi e tempi di progetti analoghi (almeno una ventina) per i quali ho accesso a dati verificabili di opere già costruite.

Il costo minimo (posto che l’opera non collassi durante la costruzione a causa dello slittamento d’insieme sul limo-argilloso del fondo …) sarà compreso tra i 2 miliardi e i 2 miliardi e mezzo.

I tempi (vedasi la figura 5) sulla base dell’estrapolazione di dati reali – e senza tener conto dei problemi geotecnici che esistevano solo per Nador West Med – saranno di almeno 12 anni, ovvero fino 4 maggio 2035 (cerchio verde in alto a destra).

Vista la necessità della delicatissima consolidazione geotecnica, confermo come più realistico il valore di quindici anni di cui ho sempre parlato.

Guardando la figura, ciascuno può rendersi conto dell’impossibilità di una conclusione dei lavori entro il 2026 (cerchio rosso). Finire nel 2026 è più improbabile che veder correre da Marcel Jacobs i 100 metri in meno di 2 secondi, dati dei progetti eseguiti alla mano.

Ma il problema più grave è quello che tale diga dovrebbe essere costruita su uno spesso strato (dai 10 ai 15 metri) di limo-argilloso inconsistente, su profondità dove la consolidazione – indispensabile – è considerata dagli esperti impossibile.

Il metodo di consolidazione proposto – una rete fitta di colonne di ghiaia che dovrebbero attraversare tutto lo strato inconsistente e bene assestarsi nello strato sabbioso sottostante – è normalmente realizzato a terra, oppure a mare ma su profondità modeste.

Una consolidazione simile realizzata all’inizio degli anni duemila per l’estensione del porto di Patrasso in Grecia su fondali dai 15 ai 20m (al massimo – 27m) è stata considerata un tale exploit da meritare la pubblicazione di diversi articoli su riviste scientifiche.

Gli esperti di geotecnica marittima da me consultati asseriscono che, con i mezzi e l’esperienza attuale, una consolidazione simile potrebbe essere realizzata fino ai 30, massimo 35 metri di profondità. Il problema è che l’opera è in gran parte prevista su profondità maggiori ai 35 e anche ai 40 metri, fino a -50m

Quando parlo di collasso geotecnico non parlo di un miraggio in senso negativo: purtroppo esso è avvenuto in diversi casi, uno dei quali (vicino a noi) dovrebbe far riflettere i sostenitori dell’opera.

Si tratta di quanto è avvenuto per il nuovo porto di Nizza in costruzione (progetto poi immediatamente abbandonato) il 16 ottobre 1979, alle 2 del pomeriggio. Un dramma causato da onda lunga violenta, tipo tsunami, causata dal collasso della parte della diga già costruita.

La diga era funzionale ad un nuovo porto previsto al largo dell’aeroporto, su profondità importanti (tra -10m e -40m) ed era imbasata – come a Genova – su uno strato di argilla poco consistente. Il carico crescente delle tonnellate di rocce versate (dell’ordine delle centinaia di migliaia di tonnellate al momento del disastro: si noti che a Genova è previsto il versamento di 7,5 Milioni di tonnellate di rocce sotto i cassoni) ha causato un collasso improvviso e totale della parte già messa in opera.

Dopo approfondite ricerche, la causa è stata attribuita allo “scorrimento laterale dello strato di argilla inconsistente dovuto all’aumento dei carichi”. Si è valutato che circa 9 milioni di metri cubi di argilla sono collassati con reflusso laterale, provocando un’onda lunga (tipo tsunami)

Circa dieci minuti più tardi due onde di un’altezza valutata in circa 7 metri si sono abbattute sul quartiere de La Salis a Antibes, seminando morte e distruzione: 13 morti e incalcolabili danni materiali. E’ quanto voglio evitare alla mia città.

Le mie preoccupazioni al merito sono aumentate dopo aver letto l’ordinanza della Capitaneria che decreta una zona di rispetto per permettere le indagini geotecniche dal 22 aprile al 15 maggio. Cioè fino a 11 giorni dopo la posa della prima pietra per la costruzione del progetto. Ora, le nuove indagini geotecniche (sondaggi a mare lungo il tracciato dell’opera e susseguenti analisi di laboratorio dei campioni prelevati) sono indispensabili dato il numero insufficiente dei sondaggi esistenti, e soprattutto considerato il contesto geologico estremamente critico

Ma, dopo la campagna, il progetto avrebbe dovuto prevedere – prima di iniziare a costruire – la definizione dei parametri meccanici degli strati del sottosuolo, la modellazione matematica dell’opera sottomessa all’onda di progetto sulla stratigrafia così definita, la conferma o modifica del sistema di consolidazione scelto, la finalizzazione delle sezioni, la conclusione del progetto esecutivo e finalmente la sua approvazione. Al minimo, un tempo di tre mesi dopo la fine dei sondaggi, quindi fino al 15 agosto.

Invece il 4 maggio, senza ancora aver verificato il progetto sulle reali condizioni del suolo (e pur sapendo che queste condizioni sono pessime, tali da sconsigliare qualsiasi ingegnere marittimo preparato e responsabile a fondarvi un’opera così monumentale), daranno il via alla costruzione. Sono costernato.

5. CONFLITTO TRA PORTO E CITTÀ

Infine, il progetto porterà inevitabilmente a molti conflitti tra porto e città – contrariamente a quanto l’ambizione crescente a livello internazionale a realizzare “GREEN PORTS” preconizza sempre di più.

Un cantiere marittimo di queste dimensioni ha un tale impatto – sonoro, visivo, sul traffico autostradale, sulla vita marina a causa della torbidità susseguente il versamento in mare delle rocce di imbasamento dei cassoni – che raramente, forse oggi MAI, è realizzato in ambito urbano.

La concezione urbanistica che il progetto presuppone poi – quella di un grande terminale contenitori per navi da 24.000 TEU – è incompatibile con la sua posizione davanti ad un centro abitato.

Per mostrarlo ho sovrapposto al bacino di Sampierdarena il terminale contenitori MSC di Valencia. Come si vede, esso “inghiottirebbe” una parte delle abitazioni oltre il lungomare Canepa.

Ma ancora più significativo è ragionare sulla posizione reciproca dei grandi terminali

contenitori per navi da 24.000 TEU e dei centri abitati.

Le immagini della figura 9 alla pagina seguente sono tutte nella stessa scala e riguardano i principali porti contenitori del Mediterraneo e del Nord Europa. I cerchi verdi rappresentano le città, i cerchi rossi i terminali.

Come si può vedere, Genova rappresenta un’anomalia, in cui i due cerchi sono “incrociati”: altrove le distanze vanno da un minimo di tre chilometri (Le Havre) a una trentina di chilometri (Rotterdam, Marseille-Fos, Tanger-Tanger MED).

Le abitazioni attorno ai porti storici di Rotterdam, Marseille e Tanger possono godere (come ciascuno può verificare su GOOGLE EARTH) di maggior respiro, verde, vivibilità.

Nella susseguente figura 10 ho provato a immaginare una concezione di pianificazione portuale e urbanistica più soddisfacente non solo per il porto ma anche per la città, e in particolare per il Lungomare Canepa e il quartiere connesso a Sampierdarena. Tale concezione è associata alla proposta alternativa – già citata – di estensione della diga. Essa permetterebbe :

  • la realizzazione del terminale per grandi navi nella zona già prevista dall’AP, più distante dai centri abitati
  • uno sviluppo coerente con i traffici attuali e la loro dinamica della parte Ovest del bacino – in ogni caso inadeguata alle grandi navi a causa del cono aereo – traffici più “leggeri” e compatibili con una migliore qualità di vita degli abitanti del lungomare Canepa La copertura e la susseguente vegetalizzazione della nuova strada di scorrimento veloce potrebbe marcare una buona distanza tra funzione abitativa e funzione portuale: ciò sarebbe possibile mantenendo le attuali tipologie di traffico, ma non certo passando ad un grande terminale automatizzato per navi da 24.000 TEU.

Alcuni mi potrebbero obiettare: ma lo spazio a disposizione delle navi da 24.000 TEU

sarebbe in questo caso troppo ridotto!

Ebbene, in questo caso risponderei che è arrivato il momento di valorizzare la geniale idea del BRUCO di Bruno Musso, in una versione modificata che allontani ancora di più gli accosti dai centri abitati e restituisca al bacino di Prà un bacino di evoluzione adeguato alle navi più grandi. Senza quindi nulla togliere (anzi, aggiungendo qualcosa) al terminale PSA.

L’AUTORE

Piero Silva, nato a Genova ma abitante in Francia dal 1995, è Consulente Internazionale in Progetti Portuali e Professore Associato di Pianificazione Portuale

Ha 43 anni di esperienza nel progetto e pianificazione di opere marittime e portuali, di cui 26 come direttore dei progetti portuali di SOGREAH (ora ARTELIA) la maggiore società di ingegneria idraulica e marittima francese.

Ha lavorato in 42 paesi e partecipato, in grande maggioranza in qualità di direttore di progetto, a 18 progetti – tutti coronati da successo – di porti oggi realizzati e operativi : porti contenitori, generalisti, ro-ro, per rinfuse solide, metanieri e pescherecci : in India, Pakistan, Iran, Libano, Qatar, Yemen, Francia, Egitto, Libia, Algeria, Marocco, Ghana, Camerun e Repubblica Domenicana.

Tra i porti contenitori, le realizzazioni più significative son state : Tanger MED I e Tanger MED II (Marocco), Casablanca terminale Est (Marocco), Puerto Caucedo (Repubblica Domenicana), Kribi (Camerun), Tema nuovo porto Ovest (Ghana), Oran nuovo terminale contenitori (Algeria) e Al Sukhna (Egitto).

E’ Professore Universitario Associato (Maître de Conférences) in Pianificazione Portuale, dal 2006 al 2010 all’ENPC (Ecole Nationale des Ponts et Chaussées) a Paris, e a partire dal 2011 all’Università di Ingegneria Civile BUILDERS, Caen

E’ libero professionista dal 2017, impegnato attualmente nel Progetto del porto minerario di Simandou in Guinea (con la ferrovia associata, il più grande progetto infrastrutturale oggi in costruzione al mondo, per l’esportazione di 120 milioni di tonnellate all’anno di minerali di ferro) e nella Ricostruzione del porto di Beirut, a seguito della terribile esplosione del 2020.

Non ha nessuno ruolo, né interesse personale e/o economico, nel progetto della diga di Genova.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *